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“La casa è una priorità sociale”

8 Giugno 2011

da zic.it

Nel giorno dell’insediamento della nuova Giunta il presidio permanente di Piazza Nettuno ha promosso un’assemblea nel cortile di Palazzo D’Accursio per parlare dell’emergenza abitativa. Gli assessori alla Casa e al Welfare si sono fermati qualche minuto a confrontarsi. In fondo a questo articolo, le foto dell’iniziativa.

Il documento:

LA CASA E’ UNA PRIORITA’ SOCIALE

Se la nuova amministrazione intende essere conseguente a quello che è stato annunciato in campagna elettorale, il cambiamento a Bologna passa dal fatto che vanno messe in campo politiche sulla casa vere e adeguatamente finanziate. In un’area metropolitana come quella bolognese occorre sviluppare diverse opportunità di abitare, a seconda dei problemi, delle esigenze e delle disponibilità economiche, con azioni conseguenti sul piano politico e amministrativo, in termini di finanziamenti e di leggi adeguate.

A chi ci chiede come dovrebbe diventare Bologna, quali dovrebbero essere gli interventi edilizi nei prossimi anni, noi rispondiamo che, in primo luogo, va privilegiata l’edilizia sociale (alloggi per l’affitto, strutture di residenza collettiva per lavoratori e studenti, alberghi popolari), col criterio che prima di costruire qualcosa di nuovo va recuperato il patrimonio abitativo pubblico inutilizzato e da ristrutturare (diverse centinaia di alloggi). La partita delle aree militari dismesse va gestita per sostenere servizi di pubblica utilità, servizi scolastici, spazi di aggregazione sociale e culturale, superfici di verde attrezzato. Non c’è più bisogno di edilizia “direzionale”, di centri commerciali e di mega-aree shopping.

Stop al consumo di territorio. Recupero delle aree agricole comunali per l’incremento delle attività ortive autogestite (allargando l’esperienza degli orti per gli anziani ad altre categorie di cittadini).

Altro tema importante è come costruire: ridurre lo spreco energetico delle abitazioni, sviluppare la bioedilizia in termini di uso di materiali, produzioni di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico, ecc.), favorire progetti di autocosruzione e autorecupero.

CHI HA GOVERNATO COSA HA FATTO?

Chi è stato al governo della città di Bologna negli ultimi vent’anni si è limitato a ragionare sul fatto che il 70% della popolazione bolognese è rappresentato da proprietari di casa e ha costruito, in tal modo, un muro di indifferenza nei confronti del restante 30% che non la possiede.

Oggi, abitare in affitto, piuttosto che una libera scelta, è visto come una costrizione per chi è nell’impossibilità di comprarsi una casa.

Il modo sbagliato di guardare all’affitto, nel tempo, ha portato a considerare questa modalità abitativa come una “scelta di minoranza”, pertanto si è sviluppata una situazione di canoni quasi mai corrispondenti alla qualità dell’appartamento; in più, sono diventate situazioni costanti (non contrastate) contratti irregolari, rapporti di locazione in nero, clausole contrattuali penalizzanti.

In un mercato immobiliare stretto tra povertà e speculazione, gli interventi pubblici in tema di affitto sociale sono stati scarsi e disorganici: si è voluto favorire il concetto della casa in proprietà (costringendo migliaia di famiglie a indebitarsi con le banche per una vita), non si è voluto riconoscere che vivere in affitto dovrebbe essere riconosciuto come un diritto, per chi si sposta per studio o per lavoro, per chi esce dalla casa familiare e vuole vivere da solo o con amici, per chi mette su famiglia, per chi vuole abitare in una particolare zona della città, per chi non ha i soldi per comprarsi una casa, o anche, semplicemente, non vuole farlo.

Dalla seconda metà degli anni novanta, la fascia degli esclusi e dei dimenticati dalle politiche di welfare si è fatta sempre più ampia: immigrati nuclei familiari monoreddito, giovani coppie, anziani rimasti soli, giovani senza possibilità di certificazione del reddito, precari, lavoratori e studenti provenienti da altre regioni. Tutti questi soggetti, non trovando adeguate politiche pubbliche, sono stati spesso costretti a situazioni alloggiative vergognose che hanno alimentato la rendita speculativa.

E’ bene ricordare che a Bologna, oltre alla popolazione residente, il cui calo, certificato dai censimenti 1991 (404.378 unità) e 2001 (371.217 unità) , si è fermato solo negli ultimi anni con una piccola inversione di tendenza, ci sono decine di migliaia di persone (studenti universitari fuori sede, lavoratori immigrati da altre regioni italiane, lavoratori immigrati da altri paesi) che vivono in condizioni di precarietà sempre più preoccupanti.

Se a tutto ciò aggiungiamo i progressivi aumenti delle locazioni, si è arrivati a una situazione drammatica, in cui, sul bilancio di una famiglia, il costo dell’affitto incide dal 50 al 70% sul reddito famigliare. Un peso insostenibile che ha portato la morosità ad essere la causa principale degli sfratti. In più, con l’acuirsi della crisi economica, sono soprattutto lavoratori dipendenti e pensionati ad essere colpiti: il 24% delle famiglie sfrattate ha infatti subito la perdita del posto di lavoro del primo percettore del reddito; il 22% è precario; il 21% è in cassa integrazione.

A fronte di tutto questo, sono quasi 10 mila le famiglie che hanno fatto richiesta al Comune di Bologna di una casa popolare (con la capacità di ACER di assegnare in media 400 alloggi all’anno); alla graduatoria per l’accesso al canone calmierato sono arrivate quasi 2500 domande, mentre il Comune ha assegnato poco più di cento appartamenti. Al bando per il fondo sociale per l’affitto sono state presentate più di settemila domande, di pari passo sono diminuiti i trasferimenti governativi per implementare il “fondo”. Le poche centinaia euro totali per ogni avente diritto sono una cifra insufficiente a pagare anche un solo mese di affitto a Bologna. Quindi questa misura è assolutamente inidonea per aiutare le persone a non cadere in situazioni di sfratto per morosità.

Per affrontare con misure adeguate il bisogno abitativo a Bologna, bisogna partire prendendo in considerazione questi dati:

– le caratteristiche del dato della cosiddetta “casa in proprietà” e la portata dell’indebitamento di tante famiglie verso le banche;

– 15.000 nuclei familiari si rivolgono al Comune, incrociando diversi bandi (domande: bando ERP, canone calmierato, contributo sociale per l’affitto – risposte: 400 alloggi ERP assegnati all’anno, 100 alloggi all’anno per il canone calmierato, 3 euro una tantum per il contributo per l’affitto);

– il mercato privato dell’affitto: il costo delle locazioni per appartamento o per stanza o per posto letto; il fenomeno degli affitti in nero;

– le residenze collettive (albergo popolare, studentati o collegi universitari, i ferrohotel, i residence per lavoratori single); per quali ragioni, tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute negli ultimi mandati hanno avuto così scarsa attenzione o, addirittura, hanno contrastato l’apertura di strutture abitative a carattere collettivo?

– le residenze sociali (dormitori pubblici, asili notturni, centri di prima accoglienza per migranti e profughi).

UN PIANO STRAORDINARIO DI EDILIZIA PUBBLICA

Non esiste da tempo un intervento dello Stato

E’ necessaria una iniziativa politica forte da parte degli enti locali periferici nei confronti del governo centrale affinché venga approntato un piano straordinario di rilancio dell’edilizia popolare, in grado di creare, attraverso l’opportuno coordinamento di risorse pubbliche e private, le condizioni per il risanamento di interi quartieri metropolitani e per il reperimento di abitazioni compatibili con l’ambiente e caratterizzate da costi sostenibili per le famiglie. E’ evidente che questi provvedimenti non potranno essere imperniati solo su nuove costruzioni, ma dovranno incentivare l’utilizzo e la ristrutturazione dell’esistente sempre con riferimento alle esigenze specifiche delle singole comunità, e amplieranno il campo di interventi economici integrativi dell’affitto in proporzione dei bisogni reali.

Gli interventi del Comune sono insufficienti

Insieme a questa battaglia politica nazionale vanno prese iniziative a livello locale per intervenire con tutti i mezzi utili per dare risposte a un bisogno abitativo crescente. Le risposte date negli ultimi 15 anni dal Comune di Bologna sono state largamente insufficienti rispetto alla domanda che, tendenzialmente cresce, a fronte di risorse che, complessivamente, diminuiscono.

Le risorse per ripristinare il patrimonio pubblico inutilizzato

Un altro tema fondamentale, in una situazione già difficile, riguarda il reperimento delle risorse per le ristrutturazioni e i ripristini degli alloggi ERP da assegnare.

Fino ad ora, questi fondi sono recuperati attraverso gli affitti degli inquilini delle case popolari. Essendosi modificata negli ultimi anni la composizione sociale degli inquilini (sono entrati infatti nuclei famigliari con redditi più bassi) ed essendo l’affitto proporzionale al reddito, l’introito complessivo annuale degli affitti sta calando e, quindi, di conseguenza anche le risorse per ristrutturare gli alloggi da rimettere in circolo. In più, una buona parte degli introiti degli alloggi ERP che dovrebbero essere destinati alle ristrutturazioni vengono indirizzate a spese ordinarie di gestione del Settore Casa.

In questo modo, da qui a pochi anni, si rischia di aumentare il numero di alloggi che rimangono vuoti perché non ci sono i fondi per recuperarli (nel corso del mandato Cofferati si è passati dai 643 dell’inizio agli 850 della fine).

Il costo annuale per il ripristino degli alloggi che necessitano di manutenzione straordinaria è di circa a 7,5 milioni di euro, a cui vanno aggiunti 5 milioni di euro destinati alla manutenzione ordinaria. L’importo annuale dei canoni introitati è sui 15 milioni euro. Almeno tutti questi soldi vanno destinati al recupero degli alloggi vuoti.

Le risorse per il Settore Casa vanno almeno equiparate a quelle di Comuni della nostra Regione (come il Comune di Reggio Emilia che nell’ultimo bilancio ha destinato 8 milioni di euro nel piano investimenti per le politiche abitative contro i 2 milioni di euro del Comune di Bologna).

Il tema di un maggiore carico di risorse nelle ristrutturazioni degli immobili pubblici vuoti per noi è da porre in testa alla scala delle priorità degli impegni di spesa.

Occorre, inoltre, promuovere e favorire la realizzazione di progetti di autorecupero e di autocostruzione attraverso la costituzione di soggetti collettivi, con la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati e la disponibilità dell’Ente locale di porsi come garante. Vanno recuperare strutture in abbandono, edifici pubblici e privati attualmente non utilizzati, attraverso credito pubblico (accesso bandi regionali, credito della finanza etica ed altre formule alternative ai crediti privati).

Realizzare residenze collettive

Compiere la scelta degli alberghi popolari, degli studentati, delle residenze collettive a basso costo (anche di piccole dimensioni), pensiamo sia un modo intelligente per dare risposte pubbliche a nuove domande (differenziate) di alloggio. Riteniamo possa essere anche un contributo per combattere gli “affitti in nero”, modificare una situazione che, da più di trent’anni ha completamente drogato il mercato dell’affitto privato.

Negli anni scorsi, in diverse occasioni, le organizzazioni di categoria degli imprenditori locali dichiararono l’interesse di imprese private a mettere a disposizione fondi per la costruzione di residenze collettive per i loro lavoratori (soprattutto stranieri o provenienti da altre regioni), richiedendo la disponibilità di aree comunali per abbattere i costi di costruzione. Si dovrebbe verificare se si è trattato di uno dei bluff a cui ci hanno abituato i costruttori o se siamo in presenza di una reale disponibilità.

Per rimettere in circolo, in maniera “calmierata” buona parte del patrimonio privato sfitto o affittato in nero, vanno concretizzati degli interventi: per togliere “clienti” agli strozzini degli alloggi attraverso la realizzazione di strutture collettive, dove chi viene a Bologna temporaneamente per lavorare o per studiare abbia la possibilità di trovare un alloggio senza dovere sottostare allo strapotere della rendita parassitaria.

TRASPARENZA SULL’USO DEI FONDI REGIONALI PER LA CASA

La Regione Emilia- Romagna, nel corso degli anni, ha adottato misure ed interventi, nell’ambito della cosiddetta “edilizia convenzionata e/o agevolata”, per favorire la disponibilità di alloggi in affitto a canone calmierato o di vendita agevolata per particolari categorie di cittadini. A fronte di un intervento economico consistente da parte della Regione pubblicamente non esistono dati per sapere quanti alloggi sono stati realizzati, attraverso questi contributi regionali. Non si conoscono le modalità con le quali gli alloggi realizzati sono stati assegnati.

Chiediamo, pertanto, di avere al più presto, dal Comune di Bologna, il numero di alloggi realizzati attraverso i seguenti bandi regionali:

– PROGRAMMI INTEGRATI D’INTERVENTO L.179/92 (I Programmi Integrati d’Intervento sono stati assunti come nuova strumentazione attuativa delle strategie di riqualificazione urbana. Fra i criteri di selezione utilizzati particolare rilievo ha assunto quello che prevedeva la riserva del 10% degli alloggi realizzati da cedere ai Comuni a canone convenzionato per la durata minima di 10 anni da destinare a cittadini con reddito intermedio);

– CONTRATTI DI QUARTIERE I (A seguito di Bando Ministeriale del 1997, per la localizzazione dei finanziamenti si è inteso privilegiare interventi di edilizia residenziale sovvenzionata con valenza sperimentale, da realizzarsi nelle periferie urbane. Il piano finanziario, oltre alle risorse del Ministero, impegnava risorse comunali, private e regionali nell’ambito della nuova programmazione PREU L.493/93).

– PROGRAMMI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA LR 19/98- OdG 136/2001 (Con DCR 1356/00 la RER ha destinato una quota non inferiore all’85% delle risorse disponibili per le politiche abitative (programma 1999-2000) a interventi da realizzarsi negli ambiti di riqualificazione urbana, individuati dai comuni ai sensi della LR 19/98).

– BANDO REGIONALE PER LA PROMOZIONE DI PROGRAMMI INNOVATIVI DI EDILIZIA ABITATIVA (Con DCR 134/2000 la RER ha approvato un bando rivolto ad attuatori pubblici e privati per la selezione di proposte innovative rispondenti alle tematiche suddette e aventi caratteristiche di sperimentalità relativamente ai requisiti di sostenibilità ambientale e fruitiva. Sono stati selezionati dalla RER interventi di privati già titolari, direttamente o in concessione, delle aree interessate dai lavori).

– PROGRAMMA SPERIMENTALE DI EDILIZIA RESIDENZIALE DENOMINATO “20.000 ABITAZIONI IN AFFITTO” -L 21/2001- D M 27/12/2001- DGR 925/2003 (Con Delibera della Giunta Regionale 925/2003 la RER ha approvato un bando per il concorso a contributi pubblici destinati a interventi di recupero o di nuova costruzione per la locazione a termine o permanente, da locare a canone convenzionato, da destinare a lavoratori immigrati e/o studenti universitari fuori sede).

– CONTRATTI DI QUARTIERE II (Per dare attuazione alla previsione della L 21/2001 e al successivo decreto attuativo DM 27/12/2001, la Regione Emilia Romagna ha approvato con DGR 1425/2003 il bando di gara, rivolto ai Comuni, per il concorso a finanziamenti pubblici per la riqualificazione di ambiti urbani caratterizzati da degrado delle costruzioni e dell’ambiente urbano, da carenza di servizi, da un contesto di scarsa coesione sociale e da marcato disagio abitativo).

– PROTOCOLLO D’INTESA DEL 17/5/2006, TRA LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA E LE RAPPRESENTANZE DELLE AUTONOMIE LOCALI, LE CONFEDERAZIONI SINDACALI CGIL, CISL E UIL, SINDACATI INQUILINI (SUNIA, SICET, UNIAT) SULLE POLITICHE PER LA CASA. (Nel protocollo si legge: “Si apre quindi la necessità di rifinanziare le politiche per la casa e per I’affitto secondo criteri ed obiettivi di qualità territoriale, ambientale e sociale che privilegino I’investimento nel riuso del patrimonio edilizio consolidato e nella riqualifìcazione dei comparti già urbanizzati, che ricorrano all’uso di territorio non ancora urbanizzato secondo parametri di sostenibilità ambientale, che perseguano l’integrazione, la coesione sociale, che valorizzino le tecniche di bioedilizia e di risparmio energetico. Alla luce di questo contesto la Regione Emilia Romagna ha approvato il programma di edilizia agevolata per la realizzazione di tremila case per I’affitto e la prima casa di proprietà”).

– DELIBERAZIONE ASSEMBLEARE PROGR. N. 16 DEL 7 OTTOBRE 2010 (OGGETTO n. 415 – Approvazione del programma coordinato di interventi per le politiche abitative e la riqualificazione urbana della Regione Emilia‐Romagna. (D.P.C.M. 16 luglio 2009. L.R. 8 agosto 2001, n. 24). (Proposta della Giunta regionale in data 6 settembre 2010, n. 1249). (Prot. n. 29228 del 08/10/2010).

– PROGR. NUM.132/2011, 7 FEBBRAIO 2011, . Reg. Proposta: GPG/2011/190, DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

– di confermare, a richiesta degli operatori, la validità delle proposte di alloggi da essi collocate in attuazione del bando di cui alla deliberazione della giunta regionale 1242/2010, relativamente agli alloggi per i quali non sono stati sottoscritti i pre-contratti di cui al punto 4.2. dell’allegato 1) della citata deliberazione 282/2010;

– di dare atto che le risorse finanziarie da destinare alla realizzazione del presente provvedimento ammontano a complessivi Euro 10.351.152,65 che risultano attualmente allocate sul bilancio per l’esercizio finanziario 2011 sui seguenti capitoli di spesa:

– quanto ad Euro 6.711.492,57 a valere sul capitolo 32013 “Contributi in conto capitale a favore di operatori privati per la realizzazione di interventi di edilizia convenzionata-agevolata, edilizia in locazione a termine e permanente, per l’acquisto, il recupero e la costruzione dell’abitazione principale (artt. 13 e 14, comma 2, 8, L.R. 8 agosto 2001, n. 24). Mezzi statali” afferente l’U.P.B. 1.4.1.3.12675;

– quanto ad Euro 3.639.660,08 a valere sul capitolo 32017 “Contributi in conto capitale a favore di operatori pri- vati per la realizzazione di interventi di edilizia convenzionata-agevolata, edilizia in locazione a termine e permanente, per l’acquisto, il recupero e la costruzione dell’abitazione principale (artt. 13 e 14, commi 2 e 8, L.R. 8 agosto 2001, n. 24). Altre risorse vincolate” af- ferente l’U.P.B. 1.4.1.3.12730).

TRASPARENZA SUL PATRIMONIO PUBBLICO DELLE ASP

Una legge regionale ha trasformato le ex Opere Pie (poi IPAB) in ASP (Aziende Servizi alla Persona). Con questa trasformazione anche l’enorme patrimonio immobiliare che le Opere Pie possedevano è passato, di fatto, al Comune. Per quanto riguarda i soci delle tre Asp bolognesi (Poveri Vergognosi, Giovanni XXIII e Irides) sono Comune e Provincia (con una piccola quota della Fondazione Carisbo nelle ultime due). E’ da notare come i presidenti delle tre aziende e i consigli di amministrazione, nominati dagli enti locali, hanno il compito di ottimizzare il patrimonio.

La Giovanni XXIII, presieduta da Giovanni De Plato, nasce nel 2007 dall’accorpamento di tre Ipab; i Poveri Vergognosi (il presidente è Giovanni Ceccardi) nascono nel gennaio 2008 dalla trasformazione dell’omonima Opera pia e delle Aziende riunite; lrides (guidata da Maria Elena Guarini) nasce nel marzo dello stesso anno, dall’unione di sei istituti. Il patrimonio più consistente ce l’hanno i Poveri Vergognosi che vantano edifici come Palazzo Rossi Poggi Marsili, Palazzo Salaroli e l’ex conservatorio di Santa Marta e una serie infinita di poderi e fabbricati agricoli. Ma anche l’ASP Giovanni XXIII e Irides gestiscono centinaia di appartamenti.

E’ necessario che al più presto il Comune di Bologna renda pubblico un censimento di tutte queste proprietà, che vengano esaminati i contratti di affitto degli alloggi per verificare come sono state effettuate le assegnazioni, come è stato determinato il canone e se questo è vecchio oppure nel tempo è stato ricalcolato.

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