no alla svendita delle aree militari
4 dicembre… a propostito di acqua bene comune
La questione dell’acqua rappresenta un aspetto fondamentale della strategia di occupazione israeliana nei Territori Palestinesi Occupati, nel Golan, e nella Striscia di Gaza. Il mito sionista di “far fiorire il deserto”, infatti, è attuato impedendo ai Palestinesi di accedere alle risorse idriche legalmente, tecnicamente e fisicamente e creando condizioni che li spingano ad abbandonare le loro terre.
Israele si è appropriato di tutte le risorse idriche ed i palestinesi sono costretti a pagare la propria acqua alla azienda idrica israeliana, Mekorot, a prezzi superiori rispetto a quelli vigenti per gli israeliani. Il consumo medio annuale di un israeliano (357 mc) è quattro volte più elevato di quello di un Palestinese di Cisgiordania (84,6 mc). La Mekorot, rifornisce gli israeliani, compresi quelli delle postazioni militari israeliane e delle colonie, ininterrottamente. I Palestinesi, invece, a causa di interruzioni arbitrarie di erogazione, sono obbligati a fare riserva di acqua piovana e ad usare camion‐cisterna, facendo rincarare il prezzo dell’acqua.
Mentre i coloni israeliani utilizzano l’acqua per piscine, prati e per “far fiorire il deserto”, i palestinesi impiegano l’acqua prevalentemente in agricoltura. La quantità d’acqua a disposizione degli agricoltori della Cisgiordania è molto inferiore a quella impiegata dai coloni.
I Palestinesi non hanno il diritto di perforare pozzi senza l’autorizzazione militare israeliana, mentre i coloni lo possono fare e sempre più a grandi profondità. Con vari espedienti Israele cerca di sottrarre o distruggere i pozzi palestinesi. Lo stesso tracciato del Muro è stato concepito anche con l’intento di separare i pozzi dalle terre, provocando l’abbandono dei territori e la loro confisca da parte di Israele.
La politica di appropriarsi delle risorse è chiaramente parte del progetto sionista.
Comitato Palestina Bologna
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ci sono governi e governi…
CHAVEZ OSPITA IN SEDE GOVERNO FAMIGLIE SENZA TETTO
– Da oggi, almeno 25 famiglie che hanno perso le loro case durante un recente smottamento causato dalle piogge torrenziali, e che risiedevano a Fuerte Tiuna, un centro di assistenza di Caracas, saranno ospitate a Palazzo Miraflores, sede del governo venezuelano. Lo ha disposto il presidente Hugo Chavez che, ieri, durante un sopralluogo nel centro, è stato avvicinato da una ragazzina di 11 anni che gli ha raccontato le sue peripezie. «Tempo fa mia madre le ha dato una lettera e lei le ha promesso di aiutarla. Da allora io e lei siamo venuti tutti i giorni a Miraflores, ma nessuno ci ha dato retta», gli ha detto la bambina, secondo quanto riferisce El Nacional.
«Ho ordinato che 25 famiglie vengano ospitate nel palazzo del governo», ha annunciato poco dopo Chavez attraverso la tv statale. E precisato: «Abbiamo una grande cucina che può far da mangiare per loro. E uno dei miei tre grandi uffici può essere trasformato in almeno tre appartamentini». Dopo il suo annuncio, la presidente del parlamento Cilla Flores ha assicurato che anche lei ospiterà dieci famiglie in un’area dell’edificio. Flores ha anche reso noto che si adopererà per far dichiarare di ‘utilità sociale’ alcuni terreni alla periferia di Caracas che ieri Chavez ha ordinato di espropriare, affinché vi vengano edificate delle case per le famiglie che si trovano a Fuerte Tiuna.
ansa
No alla privatizzazione delle aree pubbliche
NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DELLE AREE PUBBLICHE
Leggiamo l’elenco dei bisogni di Bologna
Sabato 4 dicembre ore 11.00
Conferenza stampa di fronte alla Caserma Masini,
piazza del Baraccano Bologna
Se c’è la crisi, e la crisi c’è, le amministrazioni non possono essere ostaggio di possibili monetizzazioni dell’uso delle aree pubbliche o facilitare a dismisura le procedure edilizie in cambio di contributi straordinari. Il timone ci sembra ancora saldamente nelle mani di chi ha creato le condizioni di profonda crisi in cui ci troviamo, dove diritti e interessi sociali scompaiono, mentre avanzano alleanze che rischiano di rafforzare la rendita e i profitti legati alla speculazione edilizia. Chi evoca, manifestando congiuntamente ai costruttori, come per la manifestazione nazionale dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) del 1 dicembre, chi evoca un nuovo “patto sociale” rischia di divenire complice di ciò che sta per avvenire collaborando alla sopravvivenza dei profitti di pochi ed allo stesso tempo alla caduta libera dei redditi, delle garanzie e dei diritti di tutti.
E’ per questo che invitiamo tutti i cittadini e i mezzi di comunicazione ad ascoltare le ragioni di chi lotta per il diritto alla casa e vuole coniugare questo diritto alla difesa dei beni comuni e del territorio.
Bologna Prende Casa