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IL SACCO DI ROMA E LA SOLUZIONE DI ALEMANNO: MUTUO SOCIALE

10 Gennaio 2009

I movimenti di lotta per la casa sono gli unici che in questi anni hanno portato avanti una lotta concreta e significativa nella città di Roma. Anche negli anni del riflusso politico e sociale, sono stati gli unici strumenti di lotta che hanno retto, le uniche organizzazioni che, di fronte al vuoto totale, hanno saputo mantenere ferma la direzione e continuare una battaglia sproporzionata fra le due parti in campo, a volte raggiungendo dei significativi risultati. Con l’elezione di Alemanno però le cose stanno cambiando, sia per la lotta per la casa, sia per l’immagine di Roma. Non che sotto Veltroni le cose andassero meglio, anzi si può dire che l’edificazione selvaggia delle nuove centralità è avvenuta proprio sotto le giunte di centrosinistra. Quel che fa paura è quello che potrà avvenire adesso.

Una volta estorto tutto il possibile dalle giunte Rutelli e Veltroni, i prodi palazzinari romani hanno subito scaricato il cavallo perdente e saliti sul carro del nuovo vincitore. Quello che accadrà non si può immaginare, ma già ce ne sono le avvisaglie; come, ad esempio, l’ulteriore l’allargamento delle aree edificabili previste nel piano regolatore varato da Veltroni. Ma andiamo con ordine.

A Roma esiste una emergenza abitativa che non ha pari in Europa. Con più di cinquantamila (50.000) cittadini romani in emergenza, senza una casa o in attesa dello sfratto; con più di duecentomila (200.000) appartamenti sfitti, lasciati vuoti di proposito per speculazione edilizia e finanziaria, a Roma in questi anni impazza un mercato drogato che sta attanagliando le famiglie, soprattutto in questi anni di estrema perdita del potere d’acquisto della media e piccola borghesia, non che delle fasce proletarie e precarie che abitano la città. Di fronte a tutto questo, la politica abitativa del comune di Roma si è caratterizzata per la delinquenziale chiusura di proposte per le fasce sociali più deboli e di contestuale regalo di ettari e concessioni ai palazzinari, che si sa, portano voti e soldi. Nei 10 anni che vanno dal 1998 ad oggi, non solo si è messo fine all’equo canone, nella più generale politica di smantellamento dello stato sociale italiano. Ma si è anche decretata la fine dell’edilizia residenziale pubblica, cioè le case popolari. A Roma non si costruiscono più case popolari, non esiste più una politica di contenimento del mercato degli affitti quale era l’equo canone; insomma non esiste nient’altro che il mercato drogato degli affitti e dei mutui. Perché neanche un libero mercato può essere presente, visto che, anche solo questa soluzione contribuirebbe a calmierare gli affitti. No, i palazzinari operano in regime di oligopolio, lasciando case vuote apposta per tenere elevato il mercato degli affitti e quello dei mutui. E mentre nella città calano gli abitanti, si costruisce sempre di più. Sembra un controsenso, ma in realtà è la nuda e cruda verità. Da più di dieci anni Roma perde residenti, eppure ai margini del raccordo sono state costruite o stanno per esserlo, 18 nuove centralità. Ecco, centralità è un termine carino per celare la costruzione di 18 nuove cittadine ai margini della città. Perché di cittadine si tratta; agglomerati urbani come Ponte di Nona, la Bufalotta, come Tor Pagnotta o Casal Boccone e come tutti gli altri sono città grosse come Padova, enormi quartieri di centinaia di migliaia di persone sbattute fuori il raccordo. Ma chi, pur nato a Roma, potrebbe credere in quel che vede se imbocca oggi, poniamo, via della Bufalotta? A Nord Est della capitale, tra la Salaria e la Nomentana, entri in un budello che si snoda per chilometri e chilometri tappezzato di pizzerie, discariche di pezzi di ricambio, tombini saltati, pittoreschi cartelli pubblicitari fai-da-te, solarium, benzinai, effluvi d´incerta natura e improbabili centri estetici. Ti viene da pensare in fondo che soltanto provinciali esteti come Pier Paolo Pasolini potevano amare questa Roma. Persone che ogni mattina poi vanno ad intasare le consolari per raggiungere il centro. Cittadini romani costretti dal mercato ad andare a vivere fuori la città, in quartieri dormitorio dove impera il centro commerciale e mai un servizio che sia uno, dai mezzi pubblici ad ospedali, dalle scuole ad attività sociale nel quartiere. Questi enormi quartieri dormitorio stanno distruggendo fra le altre cose enormi parti dell’agro romano, rovindando una campagna ricca di storia e di reperti archeologici. Non per necessità, ma per la sola volontà d’espansione dei palazzinari, accomodati dai politici di turno. Va detto chiaramente che i residenti a Roma diminuiscono. Crescono solo le case. E solo le case a libero mercato. Si consuma suolo. Non si interviene dove ci sarebbe più bisogno, per esempio per rimettere in sesto le periferie, come si sta facendo largamente in Europa. Insomma, si costruisce dove vogliono i possessori delle aree: restano loro i veri regolatori della crescita di Roma e di altre città italiane. La gran parte dei 15 mila ettari su cui a Roma si è edificato e si sta edificando presentano densità bassissime: si spreca molto spazio. Ma la gente in questi nuovi insediamenti non ha servizi, non ha mezzi pubblici efficienti. Si stanno creando dormitori inospitali. Si perpetua il meccanismo della “macchia d´olio”, si costruisce in tutte le direzioni e non si interrompe, se non in minima parte, l´anomalia per cui la gente va ad abitare nelle zone periferiche e ogni mattina va a lavorare, in macchina, nelle aree centrali e semicentrali della città, che a loro volta si svuotano di residenti.

La soluzione messa in campo dal comune per affrontare questo dramma sociale è il mutuo sociale. Non tornare all’edilizia popolare, che ci vede buoni ultimi in europa anche a confronto delle patrie del libero mercato, come l’Inghilterra o l’Olanda. Non cercare in qualche modo di calmierare il mercato degli affitti, ma introducendo l’housing sociale, che non è niente di più che il mutuo sociale tanto propagandato dai nostri fidi servi del potere di Casapound. E si perché la logica sottintesa è la stessa. Agevolare l’acquisto di una casa attraverso strumenti che riducano il costo del mutuo sulle famiglie. Insomma, Casapound ha vinto, sarebbe interessante chiederle perché non lo sbandiera ai quattro venti o non fa più del mutuo sociale la sua battaglia di riferimento. Forse perché ha capito che con l’introduzione dello stesso non cambierà nulla. Chi non ce la faceva a pagare l’affitto, e da Gennaio saranno sempre di più coloro che faranno fatica, non potrà certo permettersi di comprare una casa, anche con un mutuo agevolato. E continuerà ad essere cacciato sempre più lontano dal Raccordo, senza una spiegazione logica, visto che all’interno del raccordo le case esistono, ci sono e sono lasciate abbandonate.

Dopo aver saccheggiato tutto il saccheggiabile, stanno portando l’attacco all’agro romano, tutto questo con la compiacenza del sindaco post-fascista (!) della capitale. Dobbiamo fermare tutto questo, perché i prossimi saremo noi, le prossime famiglie che andranno a vivere a 15 kilometri dal raccordo sarà la nostra generazione, spinta fuori dalla città vetrina dalla speculazione edilizia.

Gli insediamenti si disperdono, la città si sta spappolando. Si aggravano i disagi per gli spostamenti e si rende più onerosa la costruzione di un sistema di trasporto pubblico efficiente, costretto a inseguire i brandelli di città.

Di fronte a tutto questo Alemanno ha deciso di accontentare i suoi amici di casapound e di rendere effettiva la soluzione mutuo sociale. Complimenti signor sindaco post-fascista.

Fonte: Militant, 4 gennaio 2009
http://www.militant-blog.org/?p=298#more-298

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